80 CENTESIMI DI POESIA di Andrea Sceresini

06.11.2013 15:01

www.dimensioni.org/novembre08/articolo11.html

    

Tra la folla, in piedi, appena oltre il gabbiotto Atm.
Sorride, parla con chi vuole ascoltarlo.
     Aldo Monticelli di professione fa il poeta ambulante.
    Vende poesie e regala amicizia.


Poesie a 80 centesimi. Scritte fitte, su piccoli foglietti fotocopiati. Non si acquistano nei negozi, ma agli angoli delle strade, in metropolitana, o sui tram. L’autore è un signore curvo, con la barbetta bianca, i capelli ispidi, e un berretto sempre ficcato in testa. Si chiama Aldo Monticelli, ha 64 anni, e di professione fa il poeta ambulante. “Vendo emozioni”, è il suo motto. Lo ha persino scritto su un cartello, accanto alla sua fotografia. E con quello passeggia ogni giorno, su e giù, per le strade di Milano. Sotto il braccio, lo sgabello di legno. E poi, un sacchettino azzurro, ricolmo di fogli: perché l’ispirazione arriva all’improvviso, e non sempre quando la si sta aspettando. La mattina, si sveglia presto: un salto in copisteria, e poi via col tram, verso i Navigli. È qui che trascorre le sue giornate: ai piedi dei ponti, dove la brezza è più fresca. Oppure, lungo gli argini, tra le bancarelle dei mercati rionali. Solo il gelo, in inverno, lo costringe a disertare l’aria aperta: e allora, lentamente, scende le scale della metropolitana. A Porta Genova, o tre fermate più in là, sotto la stazione di Cadorna. Si sistema tra la folla, in piedi, appena oltre il gabbiotto Atm. Sorride, parla con chi vuole ascoltarlo. Qualcuno si ferma. Altri, più spesso, si accontentano di un’occhiata. Tutti, però, hanno imparato a conoscerlo: sanno che lo incontreranno anche il giorno seguente, sempre lì, come una specie di vecchio compagno. Lui l'ha capito, e forse è per questo che, tra i suoi versi, ha scritto: Gli immortali sono rari / e quando si incontrano / si salutano. Basta un cenno del capo, una parola sussurrata, attraverso il caos della metropoli: e anche questa, in fondo, è un poco poesia.

Signor Monticelli, ma chi è un immortale?
Immortali sono coloro che pensano, che si interrogano. Li chiamano in tanti modi diversi: geni, estrosi, artisti, eretici. Addirittura, c’è chi dice: pazzi. Sono etichette, ma non importano. Quel che conta, è andare oltre il senso comune, fermarsi, porsi delle domande. Io lo faccio da anni: non è facile, certo. Ma vale la pena andare avanti.

Vendendo poesie?
Certo. Guadagno qualche euro al giorno, una ventina in media, e mi ci compro il cibo. Quello che avanza, lo investo in fotocopie. Per tutto il resto, sono fortunato: vivo a casa di parenti. Ho una camera, un letto, e tanto tempo libero.

E il suo prima?
Avevo un lavoro stabile, un posto fisso. Ero perito elettronico. Lavoravo per un’azienda piuttosto importante, qui a Milano. Il mio compito era riparare gli scanner: viaggiavo spesso, ero sempre in giro, da una città a un’altra, anche fuori dall’Italia. Guadagnavo piuttosto bene. Sa com’ero? Come uno di quegli uomini d’affari che camminano veloci, sbirciando l’orologio. A volte, ogni tanto, mi capita di osservarli. E allora mi dico: “Ecco, Aldo, quello sei tu, vent’anni fa”.

Non le piaceva, quella vita?
Non ci pensavo. Credevo mi piacesse, e solo oggi, finalmente, mi rendo conto che non poteva essere così. Lavoravo chiuso in una stanza, chino sugli ingranaggi. Sembravo Charlot in Tempi moderni. Però, certo, non avevo altre possibilità.

E poi, che è successo?
Una cosa terribile, sono arrivati i computer. Bisognava scegliere: o aggiornarsi, e mettersi al passo con le nuove tecnologie, o perdere tutto. Io ci ho provato. Ma c’erano i software, c’era il digitale, con tutti quei numeri e quelle formule. Mi pareva di impazzire. Prima, ero come un artigiano, avevo il mio cacciavite, i miei arnesi lucenti. Fui colto dalle vertigini. Ma non è tutto.

In che senso?
Sentivo anche che ero stanco, che mi mancava qualcosa. La verità, è che avevo bisogno di una nuova vita. Volevo più tempo per me stesso: ancora non lo sapevo, ma ciò che cercavo era, molto semplicemente, la libertà.

La libertà?
Sì. Mi licenziai, e improvvisamente, fin da subito, tutto mi parve più leggero. Iniziarono allora i veri guadagni.

Ad esempio?
Ad esempio, le amicizie. Quando si accorsero di ciò che stavo facendo, molti dei vecchi conoscenti decisero di abbandonarmi. Semplicemente non mi guardarono più. Dicevano: “Aldo è uscito di testa, vuole fare il barbone. Non perdiamoci altro tempo”. Insomma, restarono solo in pochi, i più sinceri. E fu un’immensa conquista.

La prima poesia?
Nel 1994. Arrivò per caso. Avevo iniziato a frequentare i mercatini: quelli piccoli ed affollati, sa? Con i libri polverosi e le anticaglie ammonticchiate. Ce ne sono parecchi, a Milano. Mi piaceva l'ambiente, e addirittura volevo organizzarmi per aprire un mio banchetto personale.

La più grande soddisfazione?
Qualche mese fa. Stavo su un tram: c'era un uomo triste, con lo sguardo perso nel nulla. Ha comprato il mio opuscolo, poi se ne è andato: lentamente, senza neppure badare a chi gli stava intorno. L'ho rivisto pochi giorni dopo. Sorrideva, sembrava trasformato. Mi ha detto: “Grazie, Aldo. Non so come hai fatto, ma in qualche modo sei riuscito a dare una scossa alla mia vita”.

È vero che ha aperto un blog?
Sì, l'indirizzo è: https://futuressere.blogspot.com. Si chiama: I futuri dell'essere.

Quindi, ha fatto pace con la tecnologia?
Chi mi conosce, dice che non riesco a litigare con nessuno. E chissà: forse è proprio così.

Andrea Sceresini

Per leggere tutta l’intervista abbonati a Dimensioni Nuove:

www.dimensioni.org/novembre08/articolo11.html



Maggiori informazioni https://www.aldo-monticelli.com/interviste/